Il 12 maggio la Chiesa ricorda una grande santa. Un'anima grande che nel nostro mondo è anche un importante segno di contraddizione
E' solo una bambina, morta a 13 anni e vissuta tra la casa paterna e il convento, cosa avrà mai fatto di così straordinario per essere elevata agli onori degli altari?
Com'è possibile che così piccola abbia meritato che Leone XII ne autorizzasse il culto e addirittura un papa come San Pio X l'abbia proclamata patrona e protettrice di coloro che ricevono la Prima Comunione?
La risposta è semplice: ha tanto amato Gesù.
Tutto qui quello che ha fatto, una cosa alla portata di tutti ma che,se ci pensiamo bene, non è davvero cosa da poco!
La Beata Imelda ricordi anche a noi che una vita apparentemente insignificante agli occhi del mondo, è eccezionale agli occhi di Dio. Non è importante fare cose grandi, stiamo in pace dove il Signore ci chiama giorno per giorno!
Vi lascio una sintesi della sua vita che ho preso qui
Beata Imelda Lambertini
Imelda
nacque a Bologna in una delle famiglie più illustre
della città, quella dei Lambertini.
Il padre Egano fu capo
del casato e cavaliere, aumentò notevolmente il censo della
famiglia agli inizi del Trecento avendo ricevuto il titolo di conte.
Soprattutto “con l’integrità della vita, con la gravità del senno e con la prudente
e onesta destrezza nel maneggio degli affari pubblici” Egano esercitò una
grande influenza morale sui cittadini tanto che, in quei tempi molto difficili,
fu chiamato a ricoprire cariche delicate anche in altre città.
Quando nel 1321, un periodo burrascoso per la vita civile della città
e per la Famiglia Galluzzi, Imelda venne alla luce Egano era
Podestà a Città di Castello ed era già passato a seconde nozze (infatti
nel 1315 aveva perduto la prima moglie Misina
Guastavillani da cui aveva avuto un figlio) con Castora dei
Galluzzi, anche lei di famiglia nobile e famosa per molti suoi membri illustri
per santità e dottrina. Castora, oltre ai beni materiali, aveva portato in casa
Lambertini il corredo inestimabile delle più elette virtù cristiane, e diventò
presto un modello di sposa e di madre cristiana.
Fin dal suo primo apparire alla vita Imelda respirò
una fede cristiana viva e profonda e, sicuramente, rimase contagiata
dalla pietà della madre poiché fin da piccola incominciò a manifestare
grande interesse per le cose di Dio. Si narra che ascoltava
attentamente tutto ciò che aveva attinenza con la religione, in particolare la
recita dei salmi, e che preferiva le storie sacre e i racconti delle
vite dei santi a qualunque fiaba. Si dilettava ad adornare un angolo
tranquillo della casa con fiori e pitture sacre.
Così Imelda
imparò a nutrire il gusto di “piacere al Signore” e a tenersi
lontana dalle vanità, infatti, da bambina, avvertì il desiderio di offrire
tutta se stessa al Signore e, poi, all’età di nove anni,
giovanissima, come era consuetudine in quel tempo,scelse di entrare nel
Monastero domenicano di Santa Maria Maddalena in Valdipietra. Il Monastero, scelto anche
grazie alla vicinanza della sua famiglia all’Ordine dei Frati Predicatori,
era costituito da poche monache, ma di fervida osservanza, secondo
lo Spirito di San Domenico, qui Imelda si mise alla scuola dei grandi maestri
della spiritualità domenicana.
Della sua
vita interiore non si sa nulla purtuttavia si può dire che sicuramente Imelda
fu fedele alla celebrazione della divina Liturgia diurna e notturna, culto
gradito a Dio, da cui si lasciò educare per penetrare sempre più nel mistero
dell’amore di Dio per l’uomo e per corrispondervi.
È indubbio che al
centro della sua solida pietà ci fu l’amore a Gesù Eucaristia, nutrito già nell’ambito della sua
famiglia e della sua città. A Bologna, infatti, il culto
eucaristico, pur non manifestandosi in esposizioni solenni, processioni,
celebrazioni di Messe e Comunioni frequenti, cose apparse solo inseguito nella
tradizione della Chiesa, era molto vivo e sentito.
I fedeli non
solo versavano considerevoli somme per illuminare il Corpus Christi, ma per le
provviste per le Sacre Specie destinavano anche campi a speciali coltivazioni
di grano e di viti. Ricevere
la Comunione Eucaristica, non era permesso in quei tempi prima di aver compiuto
i 12 anni, ma l’educanda Imelda aveva un solo desiderio, che era quello di
ricevere l’Ostia consacrata e ne faceva continua richiesta, sempre rifiutata.
In Imelda
però il desiderio di ricevere Gesù era così grande che Gesù stesso le
venne finalmente incontro e Imelda al suo primo e miracoloso incontro con l’Ostia santa, come
in un’estasi d’amore, fu resa perfetta nella sua intima unione con Dio. Nel
giorno della solennità dell' Ascensione il 12 maggio 1333 accadde che, dopo
la S. Messa e la recita dei Salmi le Suore si ritirarono dal Coro, il Sacerdote
rimase in Sacrestia come di consueto e Imelda rimase in preghiera davanti
all’altare, sola. Ad un tratto apparve dall’alto un’ostia circonfusa di
luce, visibile a tutti, un odore fragrante di pane si diffuse per tutto il
monastero.
Accorsero le suore e il sacerdote, il quale, raccolta
l’ostia in una patena, comunicò Imelda che, mentre era raccolta in
fervente preghiera, passò alla vita di gloria nella comunione eterna con il suo
Signore insieme al Padre, allo Spirito Santo e all’immensa schiera degli Angeli
e dei Santi. Subito dopo raggiante di gioia e ancora
inginocchiata, Imelda Lambertini spirò in un’estasi d’amore, non ancora
dodicenne. Le sue spoglie furono racchiuse in un artistico sepolcro di
marmo con un’iscrizione e si cominciò a recitare in suo onore un’antifona.
Un così grande miracolo circondò subito Imelda
dell’aureola dei Santi. Le monache di Valdipietra nel 1335 posero nel
martirologio del Monastero al 12 maggio la “Memoria di Imelda Lambertini. Il
culto si estese subito e lo si riferì al culto eucaristico della città. Le
reliquie del corpo furono custodite, inizialmente dalle monache e dalla
famiglia, la quale però, dopo il pontificato di Benedetto
XIV, Prospero Lambertini, poiché si andava estinguendo, ne affidò la
custodia ai marchesi Malvezzi.
Verso il
1798, con il beneplacito dell’arcivescovo, le reliquie vennero trasferite
e venerate nella chiesa di San Sigismondo che allora godeva del
patronato dei Malvezzi stessi. Leone XII ne approvò il culto nel 1825 e, nel
1908 Pio X la indicò come protettrice dei fanciulli
che per la prima volta si accostano alla Prima Comunione.
Ancora oggi
le sue reliquie si trovano nella chiesa di San Sigismondo in Bologna,
nel cuore della Città universitaria, quasi come un segno, come un
invito particolare ai giovani a nutrirsi del “ vero pane disceso dal cielo“, a
non aver paura di accogliere Cristo l’unico Salvatore del mondo, a spalancare
le porte a lui, vera e unica risposta alle richieste del cuore dell’uomo .
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