domenica 11 maggio 2014

Beata Imelda Lambertini. Una grande piccola santa

I

Il 12 maggio la Chiesa ricorda una grande santa. Un'anima grande che nel nostro mondo è anche un importante segno di contraddizione
E' solo una bambina, morta a 13 anni e vissuta tra la casa paterna e il convento, cosa avrà mai fatto di così straordinario per essere elevata agli onori degli altari?
Com'è possibile che così piccola abbia meritato che Leone XII ne autorizzasse il culto e addirittura un papa come San Pio X l'abbia proclamata patrona e protettrice di coloro che ricevono la Prima Comunione?

La risposta è semplice: ha tanto amato Gesù.
Tutto qui quello che ha fatto, una cosa alla portata di tutti ma che,se ci pensiamo bene, non è davvero cosa da poco!

La Beata Imelda ricordi anche a noi che una vita apparentemente insignificante agli occhi del mondo, è eccezionale agli occhi di Dio. Non è importante fare cose grandi, stiamo in pace dove il Signore ci chiama giorno per giorno!

Vi lascio una sintesi della sua vita che ho preso qui



Beata Imelda Lambertini



Imelda nacque a Bologna in una delle famiglie più illustre della città, quella dei Lambertini. 
Il padre Egano fu capo del casato e cavaliere, aumentò notevolmente il censo della famiglia agli inizi del Trecento avendo ricevuto il titolo di conte. 
Soprattutto “con l’integrità della vita, con la gravità del senno e con la prudente e onesta destrezza nel maneggio degli affari pubblici” Egano esercitò una grande influenza morale sui cittadini tanto che, in quei tempi molto difficili, fu chiamato a ricoprire cariche delicate anche in altre città.

Quando nel 1321, un periodo burrascoso per la vita civile della città e per la Famiglia Galluzzi, Imelda venne alla luce Egano era Podestà a Città di Castello ed era già passato a seconde nozze (infatti nel 1315 aveva perduto la prima moglie Misina Guastavillani da cui aveva avuto un figlio) con Castora dei Galluzzi, anche lei di famiglia nobile e famosa per molti suoi membri illustri per santità e dottrina. Castora, oltre ai beni materiali, aveva portato in casa Lambertini il corredo inestimabile delle più elette virtù cristiane, e diventò presto un modello di sposa e di madre cristiana.
Fin dal suo primo apparire alla vita Imelda respirò una fede cristiana viva e profonda e, sicuramente, rimase contagiata dalla pietà della madre poiché fin da piccola incominciò a manifestare grande interesse per le cose di Dio. Si narra che ascoltava attentamente tutto ciò che aveva attinenza con la religione, in particolare la recita dei salmi, e che preferiva le storie sacre e i racconti delle vite dei santi a qualunque fiaba. Si dilettava ad adornare un angolo tranquillo della casa con fiori e pitture sacre.

Così Imelda imparò a nutrire il gusto di “piacere al Signore” e a tenersi lontana dalle vanità, infatti, da bambina, avvertì il desiderio di offrire tutta se stessa al Signore e, poi, all’età di nove anni, giovanissima, come era consuetudine in quel tempo,scelse di entrare nel Monastero domenicano di Santa Maria Maddalena  in Valdipietra. Il Monastero, scelto anche grazie alla vicinanza della sua famiglia all’Ordine dei Frati Predicatori, era costituito da poche monache, ma di fervida osservanza, secondo lo Spirito di San Domenico, qui Imelda si mise alla scuola dei grandi maestri della spiritualità domenicana.

Della sua vita interiore non si sa nulla purtuttavia si può dire che sicuramente Imelda fu fedele alla celebrazione della divina Liturgia diurna e notturna, culto gradito a Dio, da cui si lasciò educare per penetrare sempre più nel mistero dell’amore di Dio per l’uomo e per corrispondervi. 
È indubbio che al centro della sua solida pietà ci fu l’amore a Gesù Eucaristia, nutrito già nell’ambito della sua famiglia e della sua città. A Bologna, infatti, il culto eucaristico, pur non manifestandosi in esposizioni solenni, processioni, celebrazioni di Messe e Comunioni frequenti, cose apparse solo inseguito nella tradizione della Chiesa, era molto vivo e sentito.

I fedeli non solo versavano considerevoli somme per illuminare il Corpus Christi, ma per le provviste per le Sacre Specie destinavano anche campi a speciali coltivazioni di grano e di viti. Ricevere la Comunione Eucaristica, non era permesso in quei tempi prima di aver compiuto i 12 anni, ma l’educanda Imelda aveva un solo desiderio, che era quello di ricevere l’Ostia consacrata e ne faceva continua richiesta, sempre rifiutata.

In Imelda però il desiderio di ricevere Gesù era così grande che Gesù stesso le venne finalmente incontro e Imelda al suo primo e miracoloso incontro con l’Ostia santa, come in un’estasi d’amore, fu resa perfetta nella sua intima unione con Dio. Nel giorno della solennità dell' Ascensione il 12 maggio 1333 accadde che, dopo la S. Messa e la recita dei Salmi le Suore si ritirarono dal Coro, il Sacerdote rimase in Sacrestia come di consueto e Imelda rimase in preghiera davanti all’altare, sola. Ad un tratto apparve dall’alto un’ostia circonfusa di luce, visibile a tutti, un odore fragrante di pane si diffuse per tutto il monastero.

Accorsero le suore e il sacerdote, il quale, raccolta l’ostia in una patena, comunicò Imelda che, mentre era raccolta in fervente preghiera, passò alla vita di gloria nella comunione eterna con il suo Signore insieme al Padre, allo Spirito Santo e all’immensa schiera degli Angeli e dei Santi. Subito dopo raggiante di gioia e ancora inginocchiata, Imelda Lambertini spirò in un’estasi d’amore, non ancora dodicenne. Le sue spoglie furono racchiuse in un artistico sepolcro di marmo con un’iscrizione e si cominciò a recitare in suo onore un’antifona.

Un così grande miracolo circondò subito Imelda dell’aureola dei Santi. Le monache di Valdipietra nel 1335 posero nel martirologio del Monastero al 12 maggio la “Memoria di Imelda Lambertini. Il culto si estese subito e lo si riferì al culto eucaristico della città. Le reliquie del corpo furono custodite, inizialmente dalle monache e dalla famiglia, la quale però, dopo il pontificato di Benedetto XIV, Prospero Lambertini, poiché si andava estinguendo, ne affidò la custodia ai marchesi Malvezzi.

Verso il 1798, con il beneplacito dell’arcivescovo, le reliquie vennero trasferite e venerate nella chiesa di San Sigismondo che allora godeva del patronato dei Malvezzi stessi. Leone XII ne approvò il culto nel 1825 e, nel 1908 Pio X la indicò come protettrice dei fanciulli che per la prima volta si accostano alla Prima Comunione.

Ancora oggi le sue reliquie si trovano nella chiesa di San Sigismondo in Bologna, nel cuore della Città universitaria, quasi come un segno, come un invito particolare ai giovani a nutrirsi del “ vero pane disceso dal cielo“, a non aver paura di accogliere Cristo l’unico Salvatore del mondo, a spalancare le porte a lui, vera e unica risposta alle richieste del cuore dell’uomo .





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